LA SCELTA: SEGUIRE GESÙ CRISTO. IL PREZZO: ANDARE DA SOLO CON IL SIGNORE
Mahendra P. Singhal racconta la sua conversione dall’Induismo a Cristo
Crescere in una famiglia Induista ortodossa significa godere delle libertà limitate spiritualmente parlando.
Fu più che vero nel mio caso. Fui allevato in una famiglia Induista strutturata rigidamente e governata dispoticamente, con tradizioni ben preservate, con usanze ben sviluppate, e con delle aspettative ben formulate, naturalmente con molto amore, molta comprensione e molta esortazione.
Nonostante tutte le apparenze esteriori di “pace” che c’erano nella nostra famiglia, io provavo tensione e insoddisfazione nelle situazioni che spuntavano di tanto in tanto.
Ogni nuovo avvenimento era una nota di disperazione nel coro delle nostre vite miserabili.
Ogni corda echeggiava di un’aria di impotenza che permeava ogni fase delle nostre vite nella nostra semplice casa.
Io ricordo chiaramente che mi veniva ripetutamente detto che tutta la nostra infelicità era dovuta al nostro karma unito assieme all’ira degli dèi contro la nostra famiglia. Io non potevo capire che cosa avevamo fatto per meritare questo e che cosa poteva essere fatto per cambiare la cosa, e mio padre non mi permetteva di parlarne.
Noi compimmo le solite visite ai templi dei vari dèi in giorni dell’anno stabiliti. Io ricordo che percorrevo, alcune volte viaggiando su una tonga (un veicolo guidato da cavalli), una lunga strada per raggiungere un particolare tempio di Shiva, uno dei tre principali dèi Induisti.
L’idolo di Shiva metteva paura quando lo si guardava. Egli veniva mostrato seduto in cima al mondo, mentre teneva dei teschi umani nelle sue mani, con dell’acqua che scorreva dai suoi capelli e con i suoi occhi che ti fissavano con un messaggio terribile: “Adorami, altrimenti sarai distrutto!”.
L’idolo, adornato con fiori, era sempre spalmato di olio e di colore rosso. Il risultato assoluto era quello di creare una sensazione di presentimento (di disgrazia) e di paura. Tu andavi via dal tempio temendo quello che il futuro poteva riservarti e desiderando, senza nessuna reale speranza, che tutto sarebbe andato bene e che lui Shiva sarebbe stato soddisfatto di te.
Io non mi sentii mai a mio proprio agio nel tempio. L’immagine di Shiva mi ossessionava per giorni dopo il pellegrinaggio.
C’era un altro dio che veniva adorato una volta all’anno nella nostra casa. Si trattava di Ganesha, il dio con la testa di un elefante e il corpo di un uomo.
Questo dio si suppone sia estremamente utile. Un figlio di Shiva, egli viene riverito perché allontana i pericoli. Noi avevamo l’abitudine di comprare un nuovo modello d’argilla di questo dio ogni anno, e di adorarlo nel giorno fissato, secondo le tradizioni della famiglia.
Fu durante una delle celebrazioni di Ganesha che diventai molto turbato a riguardo dei nostri dii e della nostra riverenza verso essi.
Mi ricordo chiaramente l’occasione. Erano stati offerti dei dolci a Ganesha. A noi era stato chiesto di chiudere i nostri occhi e di pregare per le sue benedizioni sopra la casa.
Non so perché, ma io non riuscii a chiudere i miei occhi. Rimasi inorridito nel vedere un piccolo topo scendere sulle offerte che erano state poste davanti al dio e Ganesha era incapace di controllare questa minuscola creatura. “Se lui non è capace di proteggere sé stesso”, io dissi a me stesso, “come può proteggere questa casa?” In quel giorno io persi la fiducia in quel dio, e credo che il mio viaggio alla scoperta del vero Dio cominciò con quell’evento.
Accaddero due eventi in rapida successione poco dopo quell’esperienza. Il primo fu che mio padre insistette affinché io ricevessi l’ammaestramento nelle scritture Induiste, specialmente la Bhagavad Gita, i Veda e le altre scritture.
Il secondo fu questo, un annuncio di un corso Biblico per corrispondenza apparso sul giornale locale mi condusse a cominciare uno studio della Bibbia.
I Veda e gli altri libri erano interessanti, ma essi erano decisamente speculativi. Non c’era nessuna risposta precisa.
La Bibbia, d’altro lato, indicava delle risposte precise. Dio ama le persone.
Dio fece conoscere il Suo amore alle persone, di sua propria iniziativa, quando Egli mandò Gesù Cristo nel mondo. Un Dio che perorava a mio favore era un mistero sbalorditivo.
Mentre stavo lottando per capire le religioni e le idee religiose, il mio lavoro a scuola stava spostandosi, per così dire, lungo dei canali regolari.
Dopo avere preso le mie lauree in matematica e in insegnamento fui assunto per insegnare in un Collegio Cristiano di Mussoorie, in India.
La scuola era diretta da delle società missionarie Cristiane per diffondere le verità Cristiane agli studenti che non erano necessariamente dei Cristiani.
Le persone frequentavano questa scuola a motivo della sua importanza nell’eccellenza accademica e perché il veicolo di istruzione era l’Inglese.
Veniva insegnato, incoraggiato e sviluppato un linguaggio appropriato. La scuola aveva bisogno di un insegnante di matematica, e il direttore, un missionario Australiano, fu, come lui mi disse più tardi, condotto a offrirmi la posizione nonostante il fatto che non ero un Cristiano.
Egli (e io sono riconoscente per la sua disposizione ad ascoltare il Signore) rispose alla guida del Signore non solo nell’assumermi per insegnare in quella scuola, ma anche testimoniandomi con parole, con la sua vita separata e con le sue priorità.
Un membro del personale nella scuola mi menzionò la morte espiatoria di Gesù Cristo sulla croce. “Egli è morto”, lui dichiarò, “affinché l’uomo sia libero dalla sua schiavitù al peccato e affinché goda una vita vittoriosa per sempre”.
La cosa sembrava meravigliosamente pacifica e realizzabile, ma io rigettai la testimonianza perché, secondo me, essa era troppo semplice.
Ci deve essere molto di più per la vita che soltanto la semplice fede nella morte di Cristo sulla croce. Io ero stato ammaestrato a credere, secondo le parole dell’Upanishads: “Egli conosce veramente Brahman che lo conosce come al di là della conoscenza; colui che pensa di conoscere, non conosce”.
Io ero stato condotto a credere nel cercare le risposte, e mi era stato insegnato che una tale ricerca poteva durare molte, molte vite. I saggi avevano tentato di scoprire la verità e la realtà su Brahman per secoli, ma senza alcun successo. Io ero convinto che la vera verità si trova in noi stessi.
Dio e l’uomo sono essenzialmente uno. La separazione deriva dall’essere nati in questo mondo illusorio che afferra l’uomo nel suo abbraccio e lo seduce per non fargli trovare il vero significato della vita e dell’esistenza. La liberazione è impossibile a meno che uno non rinunci alle attrattive di questo mondo. Io ero stato ammaestrato a credere che Dio è inconoscibile, e quindi fuori dalla portata dell’uomo.
E qui c’era Gesù Cristo, appeso alla croce, che subiva la morte per mano dei soldati Romani, che proclamava il suo perdono per le loro stupide brutalità Dio che cercava l’uomo e non l’uomo che cercava Dio in sé stesso.
C’era un’altra dimensione per il mio dilemma. Venendo dalla famiglia da cui venivo io, la mia accettazione di Gesù Cristo avrebbe fatto perdere ai miei genitori il loro rispetto sociale e la loro posizione nell’intera comunità.
I miei fratelli e mia sorella avrebbero subìto un obbrobrio. Anche quello era impensabile. Nonostante io lavorassi lontano da casa in un ambiente differente, io non mi sentivo veramente libero di prendere le mie proprie decisioni.
Cercai di parlare della mia situazione ad alcuni dei missionari. Essi non potevano capire i pesanti fattori culturali. Essi pensavano che uno deve semplicemente prendere una decisione di seguire Gesù Cristo e che quello è tutto ciò che importa veramente. Alcuni missionari ignoravano totalmente le tradizioni Induiste e le implicazioni sociali che esse impongono alle persone. Essi respinsero i miei argomenti come insignificanti. Io non ero pronto a farmi convincere che noi viviamo, e che quindi moriamo, soltanto per noi stessi, per mezzo di noi stessi.
La discussione senza fine sarebbe continuata, sono sicuro, se io non avessi incontrato Major Ian Thomas dei Torchbearers di Inghilterra, che stava tenendo delle riunioni in una chiesa di Mussoorie. Egli prese il tempo per ascoltare le mie esitazioni, i miei argomenti, e le mie analisi.
Egli, con grande sensibilità e intuito acuto, mi spiegò i diritti che esigeva Gesù dalla mia vita: “Gesù Cristo”, lui spiegò, “ti metterà in grado di risolvere i tuoi dilemmi dopo che lo accetti. Egli sarà dalla tua parte”.
Major Thomas non mi condusse alla resa finale ma egli mi preparò per il risultato finale.
Io compresi, dopo avere passato quasi cinque ore con lui, quello che io dovevo fare. Non c’era nessuna negazione del fatto che Cristo mi aveva chiamato ad accettarlo come mio personale Salvatore e a seguirlo noncurante del costo.
La chiamata era estremamente personale e urgente. Io pensai alle possibilità per qualche altro giorno. Comunque, io non potevo sbarazzarmi delle pressioni che stavano continuando a crescere. Io potevo sentire che doveva essere presa una decisione.
Io mi volsi a Gesù Cristo il 16 Luglio 1963 alle 2 di notte, nella mia stanza tutto da me stesso. Egli diventò il mio Salvatore. Lode al Suo meraviglioso nome!!
Io però non avevo calcolato il prezzo che doveva essere pagato per la decisione.
Io mi aspettavo rigetto e umiliazione dai miei amici e dai miei parenti. Io mi aspettavo persino qualche scherno da parte di alcuni di loro, ma io non ero pronto a quello che mi accadde dopo la mia conversione; la mia stessa famiglia mi ripudiò.
Io non ero più parte della famiglia biologica in cui ero nato. I miei amici mi schivarono. Essi cominciarono ad evitarmi come se io avessi contratto qualche terribile malattia contagiosa.
Con tutti i miei dolori e fardelli, con tutta la mia solitudine, e con tutte le mie lotte, io sono tuttavia determinato a seguire il Signore.
Egli è la mia risposta, la mia salvezza, il mio amico.
Come mi assicurò Major Thomas, Lui non è mai venuto meno: Egli è sempre là per aiutare, per guidare.
Io non sto seguendo un’idea, un credo, o una filosofia; io non sto cercando una rivelazione interiore; io non sto operando in vista di una liberazione finale.
No, io sto seguendo Gesù Cristo, che è la rivelazione finale, la liberazione totale.