L’UOMO CON LA VESTE BIANCA

L’UOMO CON LA VESTE BIANCA

Rose Becker, una credente di origine ebraica, racconta la sua conversione

Sono nata a New York City nel 1901 e allevata nella fede Ebraica. Per fede, io intendo che io credevo in Dio, avendo sentito molte storie bibliche da mio papà che ci leggeva e ci insegnava la storia ebraica. E nonostante ciò, quando io feci a mio papà le molte domande che i bambini fanno su Dio, io scoprii che la nostra fede era nel popolo ebraico e nella credenza generale che c’era un Dio. La religione, come tale, aveva poco posto nella vita della mia famiglia.

Mi sposai Sydney, un buon uomo Ebreo, e allevammo la nostra famiglia di cinque persone secondo il modello della nostra propria educazione.

Mandammo i nostri figli alla Scuola Ebraica e gli insegnammo a credere in Dio, ma quello era il limite del nostro interesse religioso.

La maniera in cui alla fine io trovai una fede in Dio più personale fu contrassegnata dalla malattia e dal dispiacere.

La cosa cominciò nel 1938, quando noi ci spostammo da New York in California. Conobbi una donna Ebrea che mi diede un libro intitolato Il Nazareno, scritto da Scholem Ash.

La forte narrativa dell’autore fece nascere in me una forte, ma ancora non definita, impressione che Gesù doveva essere stato più di un profeta antico. Le sue parole e le sue opere erano così autorevoli; esse sembravano venire da Dio stesso.

Come un minuscolo seme sepolto in profondità nel terreno, quel pensiero rimase nascosto nelle profondità della mia mente.

Nel 1941 scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e il mio figlio più grande fu arruolato. Non lo avrei rivisto per due anni, quando fui seriamente malata con attacchi di angina. A George fu dato il permesso di venire a casa per una breve visita. Quella fu l’ultima volta che lo vidi vivo.

Fu durante la mia malattia che cominciai ad avere strani sogni. In essi, venivo inseguita da un gigante armato di una falce. Io correvo sulle colline e sulle montagne cercando di sfuggirgli, fino a che non c’era più posto per correre. Improvvisamente si aprì il cielo, un bel cielo azzurro e rosa.

Nel mezzo del cielo, c’era in piedi un uomo con una veste bianca con una barba bianca come la sua veste.

Ricordo ancora come egli stava in piedi con le sue braccia stese dicendo: “Io ti salverò”.

Corsi in quelle sue braccia e il gigante sparì. Nelle ore in cui ero sveglia, io ragionavo che quell’uomo in bianco doveva essere mio nonno. Dopo tutto, io pensavo, egli era un così gentile, buono e dolce uomo, egli sicuramente era in cielo.

Il sogno si ripeté notte dopo notte. Diventai preoccupata e nervosa. Alla fine, consultai un medico perché avevo il timore che potevo perdere la testa.

Il medico mi prescrisse delle medicine per rilassarmi. Interpellai pure una amica Cristiana; “Che può significare questo sogno?”  Ella mi rispose: “Tu hai descritto Gesù e il tuo sogno mostra come Gesù salva coloro che credono in Lui”.

Ascoltai le sue parole ma esse sembravano essere per qualcun altro. Che strano pensare che un Ebreo poteva credere in Gesù! Esso non mi avrebbe dovuto toccare, eppure io ero sconvolta.

Là a New York, quando qualcosa ci preoccupava, noi andavamo alla sinagoga, facevamo una offerta e domandavamo al rabbino di dire una preghiera.

A Sunland, in California, non c’era nessuna sinagoga e nessun rabbino. Invece, io consultai una anziana donna Ebrea, sperando che lei potesse darmi la guida spirituale che il mio cuore bramava. Ella mi diede un libro di preghiera in Ebraico e in Inglese, mi fece alcune gentili assicurazioni e mi diede un consiglio: “Dimentica quei sogni”, ella mi disse.

Pregai mattina e sera durante quel periodo, ma rimanevo agitata perché mi ossessionava la domanda: “Perché io dovevo sognare Gesù?”.

In un altro sogno che ebbi durante quel periodo, mi fu domandato di identificare alcuni ragazzi che erano stati uccisi. Dopo avere visto l’ultimo di essi, io dissi: “No, quello non è mio figlio”.

Poi il sogno si mosse ad una scena di marinai vestiti elegantemente e allineati in maniera ordinata. Io pensai che forse stavo per assistere ad un matrimonio militare. Poi ci furono fiori e marmo  e una cripta.

Mi stupii della vivacità di questo sogno e mi domandai perché dovevo ricordarmi tali dettagli sull’ambiente fisico che era presente nel sogno.

In quel tempo, mi ero ristabilita dall’angina ed ero ritornata al lavoro. Un giorno fui presa da un freddo improvviso e la sensazione fu così strana che dovetti fermarmi di cantare. (Mi piaceva sempre cantare mentre lavoravo.)

Le ragazze attorno a me, essendo state rallegrate dalla mia voce, mi domandarono perché mi ero fermata. Non ebbi nessuna risposta.

Quando il comandante della Guardia Costiera venne alla nostra porta, io seppi che significato avevano il freddo e il sogno.

Nostro figlio George era stato ucciso. Appresi che molti dettagli del mio sogno combaciavano con le circostanze della morte di nostro figlio, incluso che cosa egli indossasse quando fu ucciso e dove era successo l’incidente. I marinai che io avevo sognato erano allineati presso il cimitero per dare l’ultimo saluto a George.

George fu interrato temporaneamente al cimitero di Hollywood in una cripta che non somigliava affatto a quella che io avevo visto nel mio sogno. Ma quando mi fu mostrata una fotografia della costruzione che doveva essere costruita dopo la guerra, io vidi che George sarebbe stato in definitiva portato al posto che io avevo visto nel mio sogno prima che esso fosse costruito.

Siccome tutte le cose in questo secondo sogno si erano avverate, diventai ansiosa di scoprire che significato avesse il mio primo sogno con il gigante minaccioso e l’uomo in bianco. Ero sicura che esso avesse un significato spirituale, e così cominciai ad investigare le Scritture.

Lessi quello che alcuni chiamano “Vecchio” Testamento. Non sapevo che esistesse una cosa che si chiamava “Nuovo” Testamento.

Delle persone cominciarono a venire alla mia porta per invitarmi a degli studi Biblici. Traslocammo e incontrai ancora delle persone che mi parlavano della Bibbia. Una gentile donna a cui sarò sempre grata mi introdusse al resto della Bibbia, che non parlava solo dei profeti, ma del loro adempimento.

Cominciai a leggere la Bibbia quotidianamente.

Un sabato, mi recai con una amica al Wilshire Temple in Los Angeles. Mentre il rabbino leggeva dal libro di Isaia, i miei occhi caddero sopra il quattordicesimo versetto del settimo capitolo: “… Ecco una giovane concepirà e partorirà un figlio e sarà chiamato Emmanuele“. Sussurrai alla mia amica: “Non vuole forse dire Gesù?” La mia amica, scioccata, mi rispose: “Sh! Non parlare di Gesù in questo posto”.

Dopo essere tornata a casa presi la mia Bibbia e cominciai di nuovo a investigare le Scritture. Un passaggio dopo passaggio pareva dirmi: “Questo si riferisce a Gesù”.

Ci spostammo di nuovo a Sunland dove la mia amica Cristiana mi invitò a sentire il pastore che insegnava.

Io gli dissi di dirmi la differenza tra un Gentile e un Cristiano, che io avevo sempre considerato dei sinonimi. La sua spiegazione mi aiutò a capire la differenza che c’è tra una educazione culturale e una decisione basata sulla fede.

Scoprii che non tutti i Gentili erano Cristiani. Eppure, tutti i Cristiani che conoscevo erano Gentili, e non potevo immaginare un Ebreo che credeva in Gesù.

E neppure potevo capire realmente cosa credessero i Cristiani fino a che non incontrai Mike Friedman.

Mike fu invitato a parlare sul come e perché egli era un credente in Y’shua (Gesù).

Là c’era un uomo Ebreo, che parlava di Gesù come il Messia che è la nostra espiazione, la nostra Kapporah.

Io sentii come se lui stesse parlando direttamente a me.

Questo mi era familiare , questo lo potevo capire! E compresi che quello era quello che io avevo aspettato. Io compresi che potevo affidare la mia vita a Gesù.

Mike ed io pregammo assieme e la pesantezza che io avevo portato scivolò via dal mio cuore. Io sperimentai una gioia e una pace di mente che non avevo mai conosciuto.

Mio marito trovò il suo Messia, Gesù, nel Marzo del 1955, circa due anni dopo di me. Seguirono poi gli anni più felici della nostra vita assieme.

Sidney è andato con Colui che diede la sua vita per noi. Io ora ho 88 anni e ho scritto questo per coloro a cui non posso parlare di persona.

Sì, io posso ancora ricordare quelle braccia stese che vidi nel mio sogno, ma il sogno non mi confonde più le idee.

Io so con certezza che Gesù, il Messia, ha aperto i cieli per me e per ogni Ebreo o Gentile che crederà in lui.

 

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