LA CONVERSIONE DI UN MARINAIO
In una certa epoca, giacché ero contadino, vendevo del latte a privati.
Tra i miei clienti c’era un fuochista che faceva spesso dei lunghi viaggi all’estero.
Un giorno che era a casa, tra un viaggio e l’altro, venne da noi per comprare del latte. Nel corso della conversazione gli parlai della necessità di essere salvato e di mettersi in pace con Dio.
Mi dichiarò però che non credeva all’esistenza di Dio né ad un’altra vita dopo questa.
Gli chiesi allora perché mai facesse battezzare i suoi bambini se non credeva nel cristianesimo. Gli feci anche capire che è da ipocriti fare qualcosa a cui non si crede.
Rispose che in fondo non aveva mai riflettuto su tale aspetto della questione. Quando poi gli spiegai che il battesimo, secondo le parole stesse di Gesù, era solamente per i credenti, esclamò: “Ma allora sono un pagano!” Ed io, senza esitare, gli confermai questa sua deduzione.
Gli chiesi poi se avesse mai notato che Dio lo stava chiamando, per esempio attraverso una malattia o una disgrazia qualsiasi, e se avesse mai ascoltato il Vangelo. “No, il cristianesimo non fa per me”, mi rispose.
“Io non lo conosco affatto e non mi sono mai occupato di religione”.
Mi raccontò poi che durante la 1a Guerra Mondiale aveva fatto naufragio parecchie volte e che aveva visto così la morte in faccia più di una volta, senza però restarne particolarmente impressionato.
Pensava, come del resto tanta altra gente, che quando si è morti finisce tutto. Secondo lui, non c’era un’altra vita dopo la morte ed eravamo in fondo come animali che, dopo aver esalato l’ultimo respiro, finiscono la loro esistenza.
Io gli spiegai allora che la morte, lungi da essere un annichilimento, non è altro che una separazione.
Vedendo però la sua insensibilità, gli dissi che non volevo parlare oltre su questo tema, ma che da ora in poi avrei pregato affinché Dio, che ha accesso in ogni luogo, trovasse anche la via per arrivare alla sua anima. E conclusi: “Da questo momento in poi sarà Dio stesso a parlarle dovunque lei si trovi, a terra o in mare”.
Qualche mese dopo, il marinaio rientrò da un viaggio all’estero e venne di nuovo a prendere del latte per la sua famiglia.
Era una bella giornata d’estate e così andammo a fare un giro in campagna. Discutemmo un po’ sulla bellezza della natura e sulle prospettive di un buon raccolto.
Poi incominciò a interrogarmi con prudenza su questioni spirituali. Gli ricordai allora la nostra conversazione dell’ultima volta: “Avevamo convenuto di non discutere più su quest’argomento; lei aveva affermato di non credere all’esistenza di Dio e aveva anche riconosciuto di essere un pagano.
È per questo che penso che, per il momento, sarebbe meglio lasciare queste cose da parte. Io però le avevo promesso di pregare costantemente per lei, affinché fosse Dio stesso a parlarle: Lui sa fare queste cose molto meglio di me!” Ricondussi quindi la conversazione su temi terreni e questa mia poca voglia di abbordare l’argomento spirituale dovette sicuramente sorprenderlo.
In realtà avevo ben capito che il Signore aveva iniziato a toccare quel cuore, ma mi sembrò più opportuno lasciare che quest’uomo riflettesse ancora un po’, fino al momento in cui la questione spirituale sarebbe diventata per lui di vitale importanza.
Passarono ancora due mesi e poi ritornò da un nuovo viaggio in mare. Questa volta trovò dei problemi ad attenderlo: sua moglie si era ammalata gravemente ed era stata portata in ospedale.
Mi accorsi allora che era diventato taciturno, tutto il suo coraggio lo aveva abbandonato ed era molto giù di morale.
L’invitammo quindi a mangiare da noi e dopo il pranzo ci mettemmo a parlare della pioggia e del bel tempo.
Io ardevo dalla voglia di abbordare il tema che avevo a cuore, sapendo bene che attraverso la malattia di sua moglie Dio lo stava chiamando.
Volli però lasciare a Dio stesso il compito di dirigere la conversazione ed io rimasi in attesa che fosse il marinaio ad aprirsi e a dirmi quale fosse il peso che lo opprimeva.
Scambiammo ancora qualche parola sulla proprietà e sugli affari e lui si stupì che noi potessimo vivere con un esercizio così piccolo, date le dimensioni della famiglia. “Noi dipendiamo totalmente dalla grazia di Dio”, risposi, “ma questo è un mistero che lei non può ancora capire”.
Allora mi chiese spontaneamente di raccontargli alcune mie esperienze.
Nel corso della conversazione mi confidò che durante il suo ultimo viaggio aveva fatto lui stesso una strana esperienza di cui voleva parlarmi. Lo invitai a raccontarmi tranquillamente la sua storia, aggiungendo che forse avrei potuto aiutarlo a comprenderne il senso.
Mi spiegò innanzitutto che da qualche tempo non si sentiva più a suo agio, come se tutto congiurasse contro di lui; la malattia della moglie gli aveva scosso profondamente i nervi al punto da fargli perdere il sonno, da impedirgli di rilassarsi, tenendolo continuamente in uno stato di agitazione, giorno e notte. Si soffermò poi sulla strana esperienza che aveva fatto nel corso del suo ultimo viaggio.
Un giorno, mentre era al lavoro, nel locale della caldaia, qualcuno lo chiamò per nome.
Si arrampicò in fretta sul ponte dove trovò alcuni marinai e chiese loro se lo avessero chiamato. Ricevuta risposta negativa, tornò al suo lavoro.
Poco dopo si sentì chiamare ancora per nome e salì nuovamente dai suoi compagni che si burlarono di lui. Credette allora di essere vittima di uno scherzo, per cui si arrabbiò e lanciò parole ingiuriose nei loro confronti.
Poi scomparve di nuovo per ritornare al suo lavoro, ben deciso a non farsi più prendere in giro.
La sua collera si era appena calmata, quando intese pronunziare il suo nome per la terza volta. Ma ora il suo nome risuonò in modo tale da non potersi più sbagliare: non erano i suoi compagni a chiamarlo, ma si trovava in presenza di una potenza invisibile.
Mentre stava riflettendo, sentì queste parole: “E’ l’Iddio dei cieli, l’Iddio di Bjerre che ti parla! Quando rientrerai a casa va a trovare Bjerre e parlagli”.
Ecco perché era venuto: sapeva che la sua anima era perduta e che non era pronto ad incontrare Dio.
Ma adesso desiderava entrare in contatto con l’Iddio che gli aveva parlato nel fondo della nave, nel locale della caldaia. Gli spiegai allora il modo di trovare la via che conduce a Dio, quella via che passa per il Suo Figliuolo Gesù Cristo: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me“; “Io sono venuto per salvare ciò che era perito” (Giovanni 14:6; Luca 19:10).
Decidemmo di cercare il Signore in preghiera ed io pregai per lui domandando a Dio di salvarlo e di togliere il velo d’incredulità che gli nascondeva ancora la gloria di Dio.
C’eravamo da poco inginocchiati quando il marinaio, profondamente pentito dei suoi peccati, scoppiò a piangere e si mise a gridare: “Signore, salvami! Ricevi il miserabile peccatore che sono e perdonami, affinché tu possa diventare il mio Dio!”
Gli mostrai i passi della Bibbia che si riferiscono al perdono dei peccati che si ottiene mediante la fede in Gesù Cristo, e alla salvezza di cui godiamo quando ringraziamo Dio per fede: “Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto col cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Romani 10:9-10).
Cominciò allora a ringraziare Dio perché Gesù era morto per lui e perché così, per una grazia immeritata, poteva essere un figlio di Dio e avere per Padre il Dio del cielo.
Mentre pregava, il Signore riempì il suo cuore di pace e di gioia di modo che, dopo la preghiera, era completamente trasformato.
Per mezzo della nuova nascita era diventato una nuova creatura in Gesù Cristo. Prendemmo un innario e cantammo alcuni cantici edificanti.
Mi lasciò con il cuore pieno di gioia, ma quando ritornò il giorno seguente era in uno stato angoscioso a causa della moglie.
Si era recato all’ospedale per raccontarle quello che gli era successo, ma lei a quella notizia era andata in collera dichiarando che non aveva nessuna voglia di diventare santa e bigotta.
Dopo questo eccesso di collera, però, il suo stato fisico si era ancor più aggravato e quindi il marito era molto inquieto.
Gli dissi che Dio aveva il potere di guarire sua moglie e gli citai vari casi di guarigione in risposta alla preghiera, di cui ero stato testimone. Ci mettemmo poi in ginocchio e pregammo per sua moglie domandando a Dio di rivelarsi nella sua vita, di parlare al suo cuore e di guarirla, affinché potesse rientrare presto a casa sua.
Il giorno dopo il marinaio ritornò a visitare sua moglie nell’ospedale chiedendosi come lo avrebbe accolto e se Dio avesse ascoltato la nostra preghiera.
Quando entrò nella stanza dell’ammalata, questa l’accolse a braccia aperte: Dio aveva esaudita la nostra preghiera e aveva parlato al suo cuore.
Adesso era disposta a seguire il marito nel cammino del cielo, certa che la via che avevano scelto era quella buona.
Quando il marinaio mi raccontò la trasformazione della donna, il suo viso risplendeva come il sole. Insieme ringraziammo il Signore per la Sua bontà, la Sua saggezza e la Sua meravigliosa potenza.
Erano appena trascorsi quindici giorni che la moglie del marinaio uscì dall’ospedale, con grande stupore di molti.
Era guarita da una malattia ritenuta allora incurabile e che le aveva causato lunghi anni di sofferenze.
Dio aveva rivelato a questi coniugi il Suo segreto: Gesù Cristo.
Questo racconto mostra che il Signore agisce sulla terra, come sul mare, di notte come di giorno.
Testimonianza tratta da: Martinus Bjerre, Come un Padre.