PORTE APERTE “LIBIA: NON CESSIAMO DI PREGARE!”

PORTE APERTE “LIBIA: NON CESSIAMO DI PREGARE!”

L’escalation di violenza armata che ha coinvolto la Libia nelle ultime settimane si aggiunge alle numerose difficoltà che i cristiani libici sono costretti ad affrontare ogni giorno.

Nel mezzo della paura, dell’instabilità e della violenza, la fede, la prudenza e le nostre preghiere sono l’unico sostegno di cui essi dispongono.

Dal 2011 il paese vive nel caos e i cristiani libici, come vere e proprie luci nel mezzo di fitte tenebre, si trovano a dover servire Dio in un contesto estremamente pericoloso.

Solo i cristiani stranieri, di solito provenienti dall’Africa subsahariana, possono riunirsi nelle poche chiese ancora tollerate a condizione di non avere alcun contatto con la popolazione libica. “Capita che libici bussino alla porta di una chiesa cercando informazioni riguardo Gesù. In molti casi vengono mandati via per il timore delle ripercussioni, altri invece sfidano questo divieto e i pericoli che ne derivano incontrando coloro che sono aperti alla fede cristiana” ha raccontato Charley*, cristiana del Nord Africa.
 
Solitamente è attraverso programmi tv satellitari e internet che i libici sentono parlare di Gesù.

Accade però sempre più spesso che Dio si riveli loro anche tramite i sogni.

Chi si converte dall’islam è costretto a vivere la propria fede in solitudine e isolamento, dovendo stare molto attento a non esporsi troppo in famiglia, nel villaggio o nella città in cui risiede. Se dovesse essere scoperto, infatti, rischierebbe di subire persecuzioni anche violente.

Desiré*, altra cristiana del Nord Africa, ha raccontato di un uomo che, dopo aver chiesto una Bibbia ad alcuni cristiani, si è convertito a Gesù. “Se dovesse dire a qualcuno della sua conversione o di come ha ottenuto quella Bibbia potremmo essere tutti in grande pericolo” ha detto.

Solo dopo un lungo periodo di tempo, alle volte anni, chi si converte dall’islam a Cristo prova a entrare in contatto con altri cristiani. “Questi nuovi credenti sono costretti a tenere segreta la fede in Gesù alle loro stesse famiglie”, ha affermato Charley, “mentre cercano di capire che strada intraprendere e sviluppano una strategia per continuare a condurre uno stile di vita che non susciti troppe domande nelle comunità in cui vivono”.

Alla 4° posizione della World Watch List, la Libia si trova a vivere una stagione davvero complessa a livello politico e sociale, questo contribuisce ad alimentare il senso di precarietà già percepito dai cristiani, siano essi di origine subsahariana o libica.

Qualsiasi cristiano che esprima la propria fede pubblicamente o cerchi di condividerla con altri, in Libia, è esposto a un alto rischio di subire violenza o persino l’arresto. Non cessiamo di pregare!
 
*pseudonimi

** Nella foto: momento di celebrazione in una delle chiese libiche formate da cristiani dell’Africa subsahariana

Porte Aperte Italia

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